domenica 2 giugno 2013

TIPTOE: I pesci non chiudono gli occhi raccontato da Trigger

Buongiorno ragazzuoli! E' giunto il momento che tutti aspettavate (?)! 
Finalmente vi svelo il significato della nuova rubrica/appuntamento del blog. 
Tiptoe letteralmente significa in punta di piedi. E' così che Trigger, una delle mie più care amiche, vuole entrare nei vostri computer e dire cosa pensa. In punta di piedi e leggera come le sue parole, tanto delicate e quasi poetiche. 
Trigger (Rob per i più intimi) avrà l'arduo compito di recensire libri che lei ha letto, ma io no. Sono mesi che la prego di scrivere qualcosa, perché è veramente brava, ma lei nulla, non ne voleva sapere, alla fine è capitata l'occasione che leggesse un libro e le piacesse, e io le ho subito detto 'Dai, fammici una bella recensione su!'. E lei l'ha fatta. 
Siete abituati alle mie, però, sconclusionate e senza un senso logico apparente (in realtà lo so che le amate tanto :D), perciò preparatevi a qualcosa di migliore, di più melodico, di più delicato. 
So che suona smielata questa 'presentazione', ma vi assicuro che è veramente così. O almeno è ciò che percepisco io leggendo ciò che scrive e come lo scrive :) 
Passiamo alla sua recensione dunque.

I PESCI NON CHIUDONO GLI OCCHI
Erri De Luca

“Ma tu non chiudi gli occhi quando baci? I pesci non chiudono gli occhi.” 

No, lui gli occhi non li chiude mai quando bacia, perché ha bisogno di vedere quella bellezza che per la prima volta gli si para davanti, a dieci anni, su un’isola che sa di sole e di salsedine, quando l’età raggiunge per la prima volta la doppia cifra e la voglia di crescere rimane bloccata nel corpo di un bambino.

Un libro lungo 115 pagine e un’estate, raccontata attraverso gli occhi della memoria di un uomo ormai sessantenne che con la mente ritorna a cinquant'anni prima, a quei pomeriggi di sole passati a pescare in solitudine e a quelle scoperte che d’un tratto fanno diventare grandi: l’amore, quello di cui ha tanto sentito parlare nei libri da adulti e di cui odia l’imperativo “ama”;

“Ti piace l’amore?” chiese guardando dritto di fronte, dove si alzava la fiancata di una barca colorata di bianco e di una striscia azzurra.
“Prima di questa estate lo leggevo nei libri e non capivo perché gli adulti si scaldavano tanto.
Adesso lo so, fa succedere cambiamenti e alle persone piace essere cambiate. Non so se piace a me, però ce l’ho e prima non c’era.”
“Ce l’hai?”
“Sì, mi sono accorto di avercelo. È cominciato dalla mano, la prima volta che me l’hai tenuta. Mantenere è il mio verbo preferito.”
“Cose buffe dici. Sei innamorato di me?”
“Si dice così? È cominciato dalla mano, che si è innamorata della tua. Poi si sono innamorate le ferite che si sono messe a guarire alla svelta, la sera che sei venuta in visita e mi hai toccato. Quando sei uscita dalla stanza stavo bene, mi sono alzato dal letto e il giorno dopo ero a mare.”
“Allora ti piace l’amore?”
“È pericoloso. Ci scappano ferite e poi per la giustizia altre ferite. Non è una serenata al balcone, somiglia a una mareggiata di libeccio, strapazza il mare sopra, e sotto lo rimescola. Non lo so se mi piace.”

Un amore che nasce e muore in poco tempo, senza l’illusione di un ritrovamento o il dolore dato da un addio, perché sono due bambini, e i bambini non si preoccupano di queste cose; il senso di giustizia, che non ripara il corpo rotto e che non può essere raggiunto tramite la vendetta o la violenza, e il senso di responsabilità, dato per la prima volta da una presa di posizione, una scelta che condiziona il futuro, un’opzione che viene lasciata da parte e il timore di aver escluso qualcosa di importante.

I pesci non chiudono gli occhi è il racconto di un ricordo intervallato da momenti presenti, momenti in cui ci si ritrova a domandarsi quasi le stesse cose che ci si chiede da bambini, quando pur di crescere si fa di tutto, tanto da arrivare a forzare quel corpo troppo piccolo, che è come un guscio, per liberare quello spirito da grande che viene alimentato dall'interno; è come leggere di un uomo e di un bambino che camminano vicini, la malinconia negli occhi di uno compensata dallo stupore negli occhi dell’altro.

E’ stata una grande rivelazione, Erri De Luca, per me che non avevo mai letto nulla di suo e che mi sono ritrovata ad assaporare il calore del sole d’agosto e le prime ombre di settembre. La storia di un bambino non più così bambino e una ragazzina di poco più grande che studia la vita attraverso i comportamenti degli animali e che gli insegna il significato del verbo mantenere, che è tenere per mano. Mi è piaciuto questo, di De Luca: la capacità di soffermarsi sulle cose in modo semplice, analizzando una parola magari, o attraverso una metafora innocente, righe che sotto le parole, a volte quasi povere e che provengono dalla terra, non dall’alta letteratura, nascondono versi di poesia; quel napoletano messo lì in alcuni punti, quasi a caso, che ti aiuta a capire e ad immedesimarti, e poi ci sono quei dialoghi, non troppi, perché sono due bambini che ascoltano, guardano e parlano poco, che nella loro innocenza regalano piccole perle di saggezza che ti spingono a riflettere e a chiederti perché, per noi che siamo un po’ più grandi e quel guscio d’infanzia lo abbiamo rotto da tempo, le cose non saranno mai così semplici.

Un libro da ascoltare, più che da leggere, come una storia raccontata prima di andare a dormire. Le quattro stelle se le merita tutte.

“Adesso e qui sta bene la parola fine, sorella minore di confine e di finestra chiusa.”

4 commenti:

  1. L'ho sempre voluto leggere *_* Le frasi riportate sono splendide!

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    1. Concordo!
      Prima o poi lo devo leggere anche io, per forza! :D

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  2. Non lo conoscevo, sembra proprio carino *A*

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  3. lo avevo sentito nominare da qualche amica italiana ed anche in modo estremamente positivo. è una favolosa recensione, "delicata e melodica" come dici tu, Soniaa
    x, :)

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